Una Penelope di origine spagnola viaggia in Italia – Zosi Zografidou

Una Penelope di origine spagnola viaggia in Italia.

«Ιtaca ci riassume come un libro,
ci accompagna verso noi stessi,
ci rivela il suono dell’attesa.
Perché l’attesa suona:
mantiene l’eco di voci andate via».

Versi di Francisca Aguirre, parole e pensieri che ci trasmette la penna traduttrice di Brigidina Gentile e che riassumono il senso della storia dell’Odissea.
Itaca è un’opera della poetessa spagnola Francisca Aguirre: una nuova versione dell’epopea della Odissea basata sul mito greco di Omero, che è stata pubblicata in Spagna nel 1972 e ha vinto il Premio di poesia ‘Leopoldo Panero’ 1971 conferitole dal “Instituto de Cultura Hispánica”.
La poetessa, moglie del poeta Felix Grande, uno tra i poeti più conosciuti della seconda generazione del dopoguerra, è nata a Alicante nel 1930, ma la sua famiglia, subito dopo la sua nascita, è stata costretta ad abbandonare il paese natio e trasferirsi in Francia. Nel 1942, dopo l’occupazione tedesca in Francia, tornano di nuovo in Spagna e lei, per sostenere la famiglia, è costretta a lavorare come segretaria e traduttrice. Suo padre, il pittore Lorenzo Aguirre venne arrestato e ucciso con la garrota durante il regime di Franco. Tutto questo spiega il fatto che lei, nonostante da giovane scrivesse poesie e vari testi letterari, comincia tardi a pubblicare le sue opere, quando aveva già 42 anni. Il dolore e le sofferenze personali, le memorie dell’infanzia, di famiglia e del popolo spagnolo durante gli anni della guerra civile, si rispecchiano nei suoi libri. La lotta quotidiana della famiglia, la forte presenza della madre e della nonna durante gli anni della sua giovinezza, quando a casa c’erano soltanto i quadri del padre e neanche un pezzo di pane per sostenersi in vita, la ispirano a creare un’altra Penelope poetica, che deve sempre lottare per difendere il ruolo di madre, di moglie nel percorso vitale di una donna.
La lettura della traduzione spagnola della poesia «Aspettando i barbari» del poeta greco Constantinos Kavafis, l’ha stimolata a comporre la sua Itaca. Discorso che riprende John Taylor e analizza nel suo saggio «A Spanish Penelope» incluso nel suo libro Into the heart of European Poetry.
Non è piú la voce di Omero che racconta la storia di Ulisse, né di Machado o di Unamuno, di Kavafis o di Kazantzakis, di Dante, Joyce o Tennyson, ma la voce di una donna che cerca di fuggire dalla sua solitudine. Il grido di una moglie abbandonata in cerca di giustizia, di un’altra Penelope, creata da una voce femminile con sensibilità e fantasia poetica.

La poesia di Aguirre, per usare le parole di Maria Elena Bravo, è allo stesso tempo sociale, desolata, intellettuale e domestica.
Con il suo stile e visione molto personali la poetessa Aguirre crea la sua Penelope, una figura che è stata rappresentata in varie versioni e concetti, nel passar dei secoli, come l’ideale di donna, bellezza, castità, fedeltà, caratteristiche che fanno rinascere l’eroina omerica, la fanno diventare eterea, fuori del tempo e dello spazio, e quasi sempre fedele al mito ormai classico dell’Odissea.
L’immaginazione di Aguirre vede una Penelope, che pur conservando i valori culturali e le tradizionali virtù della fedele Penelope omerica, è più forte e più femminista, una donna, insomma, che prende in mano il suo destino. La storia dell’Odissea omerica viene raccontata da un altro punto di vista. Contrariamente ad Omero che racconta la storia da un punto di vista maschile, Aguirre la vede dal femminile. Certe poesie, come scrive John Taylor nella sua analisi, assomigliano a un diario personale mentre altre sembrano evocazioni del mare e dell’isola di Itaca.
Aguirre cambia la storia omerica e trasforma Penelope in una narratrice che racconta la propria storia, il proprio viaggio nella vita. Penelope è una donna che rimane a Itaca, fedele alle sue certezze, moglie di Ulisse, madre di Telemaco, la regina di Itaca che deve proteggere la sua dignità, la sua casa e il suo regno, con la forza e la superiorità di una regina. Aguirre trasmette lo spirito omerico, e la fa diventare portavoce di ogni Penelope, di ogni donna che resta in casa, abbandonata, chiusa a tessere la tela disfatta durante la notte, in attesa del ritorno del marito, sacrificandosi e dedicando la propria vita per la crescita dei figli, fedele custode del focolare familiare, consapevole del proprio destino.
L’Itaca di Aguirre viaggia in America tradotta in inglese da Ana Valverde Osan, nata in Marocco e specializzata in traduzione di poesia femminile presso l’Università di Chicago.
Brigidina Gentile, studiosa di Penelope, una moderna Penelope lei stessa, con la presente traduzione dell’Itaca di Aguirre in italiano, fa rinascere una volta ancora la leggenda e la figura femminile di Omero che diventa sempre attuale e diacronica. Abbiamo già sentito la voce di Gentile attraverso il suo progetto Penelope: la donna e il mito nella scrittura ispanoamericana, ne L’altra Penelope: Antologia di scrittrici di lingua spagnola, e ogni volta la sua penna traduttrice e creativa diventa più solida e riesce ad approfondire e trasmettere gli ideali femminili, trasmettere i sentimenti che vengono descritti nelle pagine letterarie delle scrittrici che riprendono la storia drammatica dell’eroina omerica. E come loro, anche Brigidina ha ritessuto la tela di Penelope, nel suo libro Penelope Misunderstandings:

«io Penelope
impaziente aspetto
senza fermarmi mai
e senza tornare indietro
a rammendare i buchi
le rotture».

 

Zosi Zografidou

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