L’antologia curata da Brigidina Gentile e da Rosa Maria Grillo è un’ interessante e vivace panoramica sulla letteratura al femminile in America Latina. Un tassello che incrina il citato monolitismo maschile tradizionale, che ancora ammala i nostri manuali di letteratura. Un ventaglio di esperienze di scrittura che fa molto riflettere sui processi che portano a “diventare persona che scrive” per una donna sia in territorio latino americano ma anche nel nostro paese.
Dieci autrici, poete, scrittrici, drammaturghe, docenti, studiose, giornaliste, dieci donne che si presentano generosamente sulla pagina, incrociando i loro vissuti con la storia della loro scrittura, proponendo itinerari profondi di riflessione circa la fatica, lo sforzo, l’impegno per diventare scrittrici, legittimate politicamente e culturalmente a dare voce al punto di vista delle donne nei loro paesi.
Possiamo notare come ognuna diventi protagonista di un cammino psico /esistenziale per recuperare nel loro Genitore interno il diritto a esprimersi e a viversi come essere pensante e creatore della propria cosmogonia letteraria.
Non sembra un’operazione costruttiva di facile fattura, sciogliere le ingiunzioni della programmazione parentale/genitoriale e culturale per darsi il permesso di viversi come persona pubblica.
La prima ingiunzione riguarda proprio l’uscita dal privato come persona capace di far sentire la propria voce e si declina in altre ingiunzioni:
• Non esistere come persona pubblica
• Non esistere come intellettuale
• Non esprimersi creativamente fuori dal privato
• Non pensare
• Non godere
• Non sentire
• Non sentire il proprio corpo
Il primo ordine che viene elaborato e introiettato attraverso la storia copionale di ognuna diventa:
• Compiaci ( formazione/ famiglia /lavoro/relazioni)
• Sii perfetta ( conciliare tutti i vari aspetti cercando sempre di essere al top).
Il corto circuito che può avvenire tra questa serie di ordini e di ingiunzioni è proprio la difficoltà a reggere la propria ambizione dal punto di vista emotivo e sentire la difficoltà di distinguere tra il desiderio di potere e sentirsi potente.
La prima riguarda un aspetto degenerativo della cultura tradizionalmente maschile che tende al controllo sul territorio, mentre la seconda è essenzialmente una dimensione emotiva che viene negata e ostacolata da una profonda inibizione culturale a sentire la propria assertività sfociare politicamente in azioni pubbliche.
Ogni autrice presente in questa antologia rappresenta un mondo simbolico che legge e rilegge il mondo, diventa madre di se stessa.
• Deve recuperare il Genitore Nutritivo che le riconsegna i permessi necessari per affrontare con coraggio la propria adultità pensante e creativa, dentro una cultura che tradizionalmente non ha segnato e individuato genealogie culturali, da cui partire per emanciparsi.
• Deve recuperare dei percorsi di modellamento alternativi al Copione passato tradizionale, utilizzando le esperienze formative informative dei processi di formazione è l’unico strumento per ribaltare il silenzio e renderlo voce e partecipazione militante.
• Bisogna inventare e legittimare maternità e paternità culturali, che devono essere individuati, scelti e vissuti come archetipi da integrare ed elaborare all’interno del proprio sistema valoriale.
• E poi passare all’azione dell’adulto che si impone assertivamente sulla scena culturale del proprio paese.
• Inoltre diventa evidente le difficoltà e l’impegno a integrare e conciliare dentro di sé le varie anime che afferiscono all’universo femminile, dove la cura dell’altro, dei figli, delle relazioni parentali possono diventare ostacolo, impedimento, distrazione e dispersione di energie per la costruzione della propria esistenza, in quanto donne intellettuali integrate in un contesto politico partecipato attivo e profondamente conflittuale.
I dati autobiografici e bibliografici si intrecciano senza vergogna, cercando di tessere una tela di Penelope che racconta le loro storie personali e culturali. Dice Renè Ferrer: PENELOPE RICAMA CON LE PAROLE.
Non è un caso il ritorno continuo di questo stereotipo culturale epico e mediterraneo della donna che tesse nella sua stanza, in esilio volontario dalla strada e dalla città, nel chiuso della sua casa, confinata nella trama di una narrazione maschile, dove c’è spazio per l’attesa e per la solitudine ma non per l’emancipazione dall’oikos , dallo spazio della cura e dell’accudimento che si rinnova nel mito classico e contemporaneo.
Le altre Penelopi , citando Brigidina Gentile, devono migrare, chiudere la porta, accettare la solitudine e l’autoreferenzialità, prendere coraggio e coscienza di un’ esclusione che deve essere fermata da un urlo che non si lascia più strozzare in gola, dal farsi voce fuori dal coro di chi si adatta per compiacenza e rassegnazione.

Emancipazione prima interiore e poi resa pubblica dal bisogno di uscire fuori dalle aspettative dell’universo patriarcale tradizionale, che seduce e spezza le ambizioni femminili di protagonismo culturale, vissuto spesso come colpa da espiare, da pagare con prezzi privati altissimi e indiscutibili.
Nella scrittura femminile vita, scrittura e contesto sono profondamente impregnate l’una nell’altra, in modo inscindibile.
Se esistono delle differenze di genere, non riguardano la sensibilità o le caratteristiche stilistiche che si differenziano da persona a persona ma forse da questa capacità femminile di non mettere steccati tra le aree della vita, di esprimere liberamente questa profonda fluidità tra il pubblico e il privato, che può essere dovuta a una consapevolezza della grande fecondità che esiste tra queste due dimensioni internamente correlate, oggetto di una reciprocità esistenziale tipica della coscienza storica delle donne che il privato è pubblico e viceversa.
Questa fluidità di confini tra pubblico e privato può essere anche ricondotta alla storia acerba dell’ingresso delle donne nella cultura, storia ancora libera da rigidità sclerotizzanti, da regolamentazioni classificatorie e asfittiche.
Leggendo le pagine di queste scrittrici emerge subito la loro energia libera, che si vuole imporre attraverso la parola scritta, il verso e la prosa, la sperimentazione linguistica e narrativa, la teatralità delle storie, il bisogno di invadere tutti gli spazi dell’espressione culturale.
E’ palese l’urgenza d una rivisitazione creativa dei luoghi prima vietati, proibiti alle donne.
C’è in questo un movimento interiore che si realizza attraverso la capacità di moltiplicare e enfatizzare quelle energie inconsce per lungo tempo tenute frenate e chiuse da una autocensura culturale e politica a cui stesso le donne aderiscono e hanno aderito nel passato.
In un certo senso, le scrittrici diventano le anticipatrici e il radar transpersonale di questa emergenza espressiva che non vuole più essere oppressa e repressa, anche a costo di perdere in termini di tranquillità e integrazione familiare e affettiva.
Se c’è un prezzo da pagare , queste donne sono pronte per accettarlo come condizione necessaria per esistere come soggetti culturali validi e legittimi.
Ci sono alcuni segni che ritornano nelle loro storie e che sono fattori di identità e di appartenenza culturale e storico/politica. Il primo riguarda l’essere individui migranti con il seme dell’estraneità che contraddistingue la loro pagina: TRANS TERRITORIALITÀ REVERSIBILE (Margara Russotto).
Il secondo aspetto che le unisce è la permeabilità intensa alla vita politica dei loro paesi spesso sconvolti da disastri civili.
Spesso ritorna nella loro scrittura il mito di Penelope, figura archetipica più volte citata dalle autrici presenti nell’antologia, come un modello da cui emanciparsi ma che permane come cifra eroica di stoicità e resistenza femminile da cui ripartire.

Inoltre il riferimento simbolico alla corporeità e alla quotidianità non viene mai cancellato nei loro scritti ma si innerva nella prosa e nella lirica , come anello di congiunzione tra il vivere l’essere e il pensare delle donne, fino alla sperimentazione del linguaggio erotico/passionale.
Anche il recupero della lingua materna di origine contro la lingua del dominatore denuncia una forte connotazione rivoluzionaria , esprimendo la nostalgia del non integrato e la volontà politica di intrecciare forti nodi con la propria cultura di appartenenza originaria, depurata dalle contaminazione dei dominatori esterni.
Da questi aspetti deriva il senso della letteratura come militanza politica e sociale, dove la deriva intimista non è mai rassegnazione ma recupero delle microstorie, contro la cancellazione macroscopica della storia dei vincitori maschi e stranieri.
Un altro dato che emerge dalle loro pagine è l’attenzione alla natura, al suo ascolto nei ritmi e nella fascinazione fantastica simbolica e culturale, come attenzione al contesto purificato dalle influenze dominanti.
Sicuramente si legge il valore catartico e liberatorio nel bisogno di superare etichettature, classificazioni accademiche e ghettizzazioni al femminile, che soffocano la scrittura delle donne in asfittici contenitori di genere, che diventano un modo per risolvere sbrigativamente il problema di una secolare assenza delle autrici nel panorama internazionale della letteratura
Con grande forza viene fuori la coscienza storica e politica della funzione della letteratura CASA DEL MONDO ( funzione empatica, catartica, rigenerativa, comunicativa, educativa , magistrale).
Dice Luz Argentina Chiriboga LA PAROLA MILITANTE E’ SPADA DELLA DEMOCRAZIA
E’ densa segnatura di molti scritti, la costruzione di una insurrezione simbolica che utilizza le figure ancestrali per recuperare forza e spessore culturale nella ricerca dell’identità nazionale attraverso la letteratura da parte dei gruppi schiacciati dalla supremazia culturale e politica delle dominazioni.
Si nota la percezione di un’urgenza nella scrittura delle donne di recuperare il punto di vista al femminile relativamente a molti temi, sentire l’emergenza di questa ricerca di spazi e tempi necessari alla comunicazione sociale, dando voce alle ossessioni e alle preoccupazioni che si riversano nella pagina : la solidarietà, l’uguaglianza, l’universalità, la precarietà ambientale, il coraggio contro le ingiustizie e le stragi delle guerre civili, l’omosessualità, il disagio mentale e sociale delle donne, l’importanza dell’educazione e dell’istruzione, i vissuti della maternità e della sua autorevolezza culturale
Ciò determina la legittimazione culturale dell’intimità femminile, il senso dell’attesa e della resistenza contro le guerre e i percorsi di privazione familiare e affettiva.
La donna diventa cosciente di essere soggetto creatore della narrativa, rivelando il mondo attraverso i suoi occhi, uscendo dal ruolo occulto che ha cancellato le donne nella storia e riproponendole come eroine e protagoniste di un’ epica della quotidianità ben impressa nella polis.
Nasce in questo movimento la consapevolezza e il bisogno di autorappresentarsi come soggetti attivi e costruttivi. Essere costruttrici di un nuovo sapere.
Anche la dichiarazione di non appartenenza a gruppi e movimenti diventa quasi un certificato di esistenza culturale individuale contro raggruppamenti formali e ghettizzanti.
Non posso non citare la frase di Tere Marichal Lugo: Scrivere è un’ ossessione, per denunciare i soprusi.
E anche Sonia Rivera Valdes: Scrivo per mettere la vita in ordine, per fare l’editing dei ricordi, e prendere le decisioni necessarie che non vanno rimandate.
Concludo ricordando le belle pagine di Margara Russotto che ,con uno stile di grande lucidità introspettiva e autoanalitica, disegna il suo percorso di ricerca della propria voce e legittima la sua vocazione alla scrittura mettendo a fuoco la scena originale , la scrittura come atto d’amore non di potere , affermando che ogni tempo esige una voce, una scrittura capace di convocare l’invisibile delle donne nella volontà di riunire ciò che si è disperso.

 

Floriana Coppola