di Antonella Iantomasi

Signori e signore, benvenuti a teatro! Quel che qui va in scena non è uno spettacolo, ma la storia di due vite vere. Abbattendo qualsiasi parete spazio-temporale con gli spettatori, i lettori, i contemporanei di entrambe, Beatrice Hastings e Brigidina Gentile si cercano, si parlano, si vivono, si rispecchiano l’una nell’altra, accomunate dal bisogno di esprimersi e dalla ferrea volontà di restituire sostanza ai propri sogni, alle proprie aspirazioni, alle proprie idee. Beatrice è scrittrice, poetessa, giornalista, intellettuale poliedrica, da sempre oscurata. “Possibile che mi si nomini, che mi si ricordi soltanto perché o come amante di Amedeo Modigliani?” Sicuramente, questo ruolo è estremamente fuorviante e riduttivo. Per ritrovare il suo spazio, per far riemergere le sue mille sfaccettature, non le resta che entrare nella mente di Lei. Lei è Brigidina Gentile, a sua volta scrittrice, poetessa e soprattutto donna, traduttrice abituata a “traghettare le parole” da altre lingue, da altri mondi. Chi più di lei può sottrarla all’oblio della storia, al silenzio a cui non si è rassegnata mai?

È nella dettatura che Beatrice ritrova la sua voce, che s’impasta a quella di Brigidina, senza soluzione di continuità. La commistione è affascinante, lo diventa sempre più poiché in comune le due artiste hanno il rispetto per il valore della parola, di ogni parola, in quanto lievito della realtà, in ogni luogo ed in ogni tempo. Nello spazio del foglio, nella dettatura, i pensieri dell’una convergono in quelli dell’altra, in una sorellanza senza confini, capace di parlare alle donne di oggi. È per questo che ogni frase acquista peso, rilevanza. “La parola è potente definisce la realtà. La parola la cambia la realtà” per questo è così necessaria. Senza la parola femminile, ogni lettura della realtà, di ieri o di oggi, è parziale, monca, meno vivida. “Il linguaggio crea il pensiero e viceversa. Dovremmo avere più cura di ricostruire il viaggio delle parole”. Quanta verità in questo messaggio, se letto alla luce dell’attuale sciatteria linguistica, dell’odierna noncuranza dei dettagli. La povertà lessicale corrisponde all’ approssimazione del pensiero, al qualunquismo, all’allarmante assertività. Tale situazione mi spaventa tanto quanto spaventa le due protagoniste di questo libro, mi fa intravedere un futuro a tinte fosche in cui i più abdicano alla capacità critica in nome di un’economia linguistica, figlia di un’eccessiva semplificazione e polarizzazione delle posizioni, anche di quelle relative ai ruoli femminili. Le pagine di Brigidina e Beatrice gridano contro gli stereotipi, contro i pregiudizi, contro l’apparenza che sovrasta la voce dell’interiorità, dei bisogni profondi. Dovremmo tutti porre orecchio a tale accorato appello, averne il coraggio, accettarne la sfida quotidiana. L’ascolto di sé è sempre alla base dell’affermazione personale e sociale, è imprescindibile, anche quando il prezzo è alto, il percorso è accidentato, la lotta è dura. Nessuno qui nasconde le difficoltà e la necessaria determinazione, nessuna banalizza le vicende individuali, nessuno crede alle favole, tuttavia nessuno accetta la remissività perché “le parole possono essere scintille. Non si sa mai cosa può accadere con le scintille.” Le scintille arrivano fino a noi lettrici e lettori per incoraggiarci a guardare al futuro come a un orizzonte comune, con empatia profonda, nell’ottica del rispetto reciproco, del contributo di tutti e di ciascuno, nella propria preziosa ed imprescindibile singolarità. Grazie Beatrice, Grazie Brigidina.

 

Antonella Iantomasi

 

 

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